Ferie: maturazione e fruizione. Guida essenziale

In prossimità del periodo di maggior fruizione di ferie, riteniamo utile riepilogare la relativa disciplina.
Il periodo minimo di ferie annuali è di quattro settimane, salvo durate superiori previste dai C.C.N.L. in base alla qualifica contrattuale e all’anzianità di servizio.
Sono obbligatorie:

  • la fruizione di almeno due settimane (continuative se richieste dal lavoratore) nell’anno di maturazione.
  • la fruizione delle restanti due settimane entro i 18 mesi successivi al termine  dell’anno di maturazione, salvo i più ampi periodi  di differimento stabiliti dai C.C.N.L.

Il periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro o di contratto a termine di durata inferiore all’anno.

La sanzione amministrativa applicabile al datore di lavoro in caso di mancata concessione delle ferie va  da 120 a 720 euro.

Inoltre le sanzioni sono inasprite nei seguenti casi particolari:

  • Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni,  la sanzione amministrativa  è da 480 a 1.800 euro.
  • Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa è da 960 a 5.400 euro.

Segue su: https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/13437-ferie-maturazione-e-fruizione-guida-essenziale.html

Lavoro notturno: chiarimenti sul calcolo della durata

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la Nota prot. n. 1438 del 14 febbraio 2019, ha fornito alcune precisazioni in ordine ai limiti dell’orario di lavoro notturno ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs n. 66/2003 a seguito delle richieste di chiarimenti pervenute da una sede territoriale  . L’Ispettorato territoriale di Biella chiedeva nello specifico  se  il limite di lavoro notturno  debba essere riferito all’articolazione dell’orario settimanale del singolo lavoratore (che può essere organizzato su 5 o su 6 giorni di lavoro alla settimana), oppure debba essere inteso in  termini astratti (e quindi sempre riferito a 6 giorni di lavoro).

L’ispettorato  concorda sul fatto che la norma del Decreto 66/ 2003 non fornisce chiari riferimenti sulla modalità di calcolo della media dell’orario notturno  e  fa riferimento ad una circolare ministeriale del 2005 in cui veniva specificato che il limite di 8 ore “costituisce, data la sua formulazione, una media fra ore lavorate e non lavorate pari ad 1/3 (8/24) che, in mancanza di una esplicita previsione normativa, può essere  applicato su di un periodo di riferimento pari alla settimana lavorativa – salva l’individuazione da  parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo più ampio sul quale calcolare detto limite – considerato che il legislatore ha in più occasioni adoperato l’arco settimanale quale parametro per la  quantificazione della durata della prestazione “.

L”INL  sulla base dell’orientamento del Ministero del lavoro e, in assenza di una definizione  normativa o contrattuale,  afferma che prendendo in considerazione il caso particolare si avrebbero trattamenti diversi  ( un lavoratore con settimana di 5 giorni non potrebbe svolgere lavoro straordinario perche la media raggiunge già il limite massimo  con il completamento dell’ordinario orario di  lavoro (40:5=8). Nel caso, invece, di una settimana articolata su 6 giornate di lavoro, il lavoratore notturno potrebbe effettuare lavoro straordinario sino al limite delle 48 ore settimanali in quanto, in questo caso, la media giornaliera sarebbe rispettosa del limite legale (48:6=8)

E’ necessario quindi  calcolare la media su un periodo lavorativo fisso per tutti di  6 giorni (nel caso prestazione lavorativa su 5 giorni pertanto il sesto giorno è da considerarsi giornata di lavoro a zero  ore) e cioè nell’arco temporale settimanale,  al “netto” del giorno obbligatorio di riposo previstodall’art. 7 del D.Lgs. n. 66/2003.

In altre parole  il parametro temporale da prendere a riferimento per calcolare la durata media dell’orario di lavoro notturno (8 ore nelle 24) è la settimana lavorativa intesa come un periodo di 6 giorni .

Contratto commercio: nuovo welfare per H&M

È stato siglato il 24 settembre il primo accordo integrativo aziendale H&M tra azienda e le organizzazioni sindacali del commercio Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UILTuCS  con migliori condizioni  in tema di welfare e benefit  rispetto al CCNL Confcommercio applicato .

Un buona notizia per  i 5mila lavoratori impiegati in circa 150 punti di vendita sul territorio nazionale in 17 regioni.  A livello nazionale la  multinazionale svedese del “fast fashion” viene da mesi difficili con procedure di licenziamento collettivo e la chiusura di alcuni negozi nel 2017.

L’intesa  prevede innanzitutto un rafforzamento delle relazioni sindacali finalizzato  alla tutela occupazionale, e definisce una serie di misure in tema di organizzazione del lavoro, di conciliazione dei tempi di vita e lavoro e di welfare. Nello specifico:

  •  gestione condivisa a livello decentrato dell’organizzazione di orari e carichi di lavoro, nell’ambito di linee guida nazionali,
  • Buono pasto di 5 euro 
  • condizioni di miglior favore  per garantire il part-time in fase di post maternità (6% invece che 3% del personale e congedo facoltativo non retribuito di 3 mesi);
  • congedo per formazione garantito per  una quota pari al 3% invece che 1 % di lavoratori;
  • 1 giorno in piu di congedo per il lavoratore padre;
  • anticipo TFR indipendentemente dall’anzianità aziendale  per ristrutturazione o acquisto mobili prima casa , acquisto auto o moto, matrimonio o divorzio.
  •  possibilità di aspettativa non retribuita di 6 mesi in casi di violenza di genere.

Jeff Nonato della FIlcams Cgil Nazionale ha espresso grande soddisfazione  cosi come la responsabile HR dell’azienda  per l’intesa  che migliora le condizioni di lavoro   Nei prossimi giorni è prevista la convocazione di assemblee nei punti di vendita per condividere con i lavoratori i termini ed i contenuti dell’intesa siglata.

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/25689-contratto-commercio-nuovo-welfare-per-h-m.html

Straordinari: le regole e la busta paga

Il lavoro straordinario è costituito da tutte le ore di lavoro che superano l’orario normale di lavoro  previsto dal Contratto collettivo di riferimento.

Lo straordinario è richiesto e autorizzato dall’azienda entro un numero di ore massimo stabilito dai Contratti collettivi.
In ogni caso,  per legge la quantità di lavoro totale (compresi gli straordinari) non può superare le 48 ore settimanali medie e non può superare di solito le 250 ore annue, a meno  di particolari esigenze tecnico produt­tive o per cause di forza maggiore.
In generale, se l’azienda rispetta i limiti imposti dalla legge e dal contratto collettivo, il lavoratore full-time non può rifiutarsi di fare lo straordinario.

Per i lavoratori part-time, cioè che svolgono un orario ridotto rispetto al tempo pieno, il lavoro straordinario verrà chiamato ‘supplementare’  e sono previste delle maggiorazioni. Se il lavoratore  a tempo parziale, per esempio, lavora oltre l’orario a tempo pieno le ore fino alle 40 settimanali verranno considerate supplementari quelle ulteriori straordinarie e verranno pagate aggiungendo le maggiorazioni previste.

Per dirigenti e quadri  che non hanno un  orario di lavoro determinabile e pertanto risultano esclusi dalla normativa sul lavoro straordinario, non deve essere corrisposta,  salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione per lavoro straordinario. Tali soggetti possono avere diritto ad un compenso per il maggiore lavoro prestato  solo nell’ipotesi in cui sia stabilito dalla contrattazione collettiva o individuale  ovvero quando la durata della prestazione ecceda i limiti della ragionevolezza in rapporto alla tutela costituzionalmente garantita del diritto alla salute (sent.Cassazione n. 28728/2011).

segue: https://www.fiscoetasse.com/domande-e-risposte/12029-straordinari-le-regole-e-la-busta-paga.html

Le ispezioni bloccano la certificazione dei contratti

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha  pubblicato lo scorso 1 giugno una circolare di istruzioni sulle attività ispettive in pendenza o dopo la certificazione dei contratti di lavoro  (Circolare 1 giugno 2018, n.9)

A seguito di alcune richieste di chiarimenti l’ispettorato interviene a spiegare in dettaglio l’iter procedurale in caso di  attività di vigilanza sul lavoro che si interponga aa procedure di certificazione dei contratti ai sensi degli artt. 75 e ss. del D. Lgs. n. 276/03 In particolare nei diversi casi di

  •  Attività ispettiva precedente,
  • in pendenza  degli accertamenti
  • successiva alla certificazione di contratti di lavoro

In caso di  controlli iniziati successivamente alla presentazione di una istanza di certificazione il personale ispettivo potrà svolgere la propria attività avendo però cura di informare prontamente la Commissione di certificazione  dell’accertamento ispettivo; al termine degli accertamenti, il personale ispettivo dovrà comunicare gli esiti alla Commissione  per la conclusione del procedimento.

In caso di controlli iniziati prima della presentazione di una istanza di certificazione  l’organo ispettivo dovrà informare  la Commissione  ai fini della sospensione del procedimento di certificazione continuando a svolgere tutti gli accertamenti di competenza e, se del caso, adottando i relativi provvedimenti. Anche in tal caso il personale ispettivo avrà cura di comunicare l’esito dell’accertamento alla Commissione.

La circolare informa inoltre che se nel corso della verifica ispettiva  viene documentata la certificazione di un contratto di lavoro o di appalto,  i relativi effetti permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali  e  fatti salvi eventuali provvedimenti cautelari del giudice . Inoltre se  vengono rilevati  “vizi riconducibili all’erronea qualificazione del contratto ovvero alla difformità tra il programma negoziale certificato ”  il personale ispettivo  dovra indicare nel  verbale conclusivo   il disconoscimento dei contratti certificati (sia di lavoro che di appalto), ma l’efficacia sarà condizionata all’esito del  tentativo di conciliazione obbligatorio presso la Commissione  o alle impugnazioni previste dall’art. 80 del D. Lgs. n. 276/03.

La circolare illustra tutti i passaggi della procedura di ricorso contro la certificazione da parte dell’ispettorato, compresa la modalità di individuazione del foro competente e specifica che al termine della predetta impugnazione l’Ufficio  ne potrà comunicazione al soggetto ispezionato con  verbale unico.

Di seguito la circolare: https://www.ispettorato.gov.it/it-it/orientamentiispettivi/Documents/Circolari/INL-Circolare-n-9-del-01062018-procedimentalizzazione-attivita-ispettiva-sui-contratti-certificati.pdf

Trasferimento del lavoratore: la firma vale come accettazione

La sottoscrizione di una lettera che comunica il trasferimento ha valore di accettazione dice la Cassazione . Sentenza n. 12341 2018

In tema di trasferimento ad altre sede di lavoro, alla sottoscrizione della lettera di trasferimento, da parte della lavoratrice interessata, deve attribuirsi un’efficacia pregnante, ossia il valore di una completa accettazione di quanto disposto dal datore di lavoro. Questo afferma la Cassazione nella sentenza n. 12341 del 18 maggio 2018. 

La controversia riguardava una lavoratrice che chiedeva di ottenere  declaratoria di illegittimità del trasferimento disposto dalla società datrice di lavoro La lavoratrice aveva firmto la lettera in cui veniva comunicato il trasferimento ma   affermava  che tale sottoscrizione non intendeva accettare ma solo prendere atto  delle intenzioni dell’azienda . Il tribunale aveva accolto la domanda mentre la Corte di Appello, l’ha  respinta .

La lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione ,  lamentando che la Corte di merito avrebbe errato nell’attribuire valore negoziale alla dichiarazione di “accettazione” –  avendo omesso di valutare quale fosse la comune intenzione delle parti, nonchè di interpretare le clausole contrattuali nel senso che risultava dal complesso dell’atto.
I giudici della Cassazione hanno rigettato il ricorso, affermando che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del  contratto si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito  che in questo caso non era censurabile .
Di conseguenza, i giudici affermano che nel caso in esame, ” all’accettazione della lettera di trasferimento firmata dalla lavoratrice deve attribuirsi una efficacia pregnante, non potendosi non conferire alla stessa, alla stregua del significato obiettivo dell’espressione e della sua collocazione nel documento – in calce alla lettera di riammissione e contestuale trasferimento – altro valore che quello di una completa accettazione, appunto, di quanto disposto dal datore di lavoro”.

Posto di lavoro soppresso dalla tecnologia: il datore deve provarlo

E’ onere del datore di lavoro provare dettagliatamente in quali termini l’attività del dipendente  sia  stata gradualmente resa inutile a causa della tecnologia che avrebbe sostituito l’operato del lavoratore; se tale onere non viene adempiuto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogato è da ritenersi illegittimo. Il caso sottoposto alla Cassazione  che ha portato allasentenza n. 8359 /2018 , riguardava un lavoratore, dipendente di una società nel settore metalmeccanico assunto con mansioni ultime di “responsabile dell’analisi dati e statistiche della ingegneria di processo”, il quale mpugnava e presentava ricorso per il licenziamento intimatogli per soppressione della posizione lavorativa, contestando la sussistenza del giustificato motivo oggettivo.

Il giudice della prima fase accoglieva il ricorso del lavoratore .   La Corte d’Appello respingeva il reclamo della società, in quanto:
– la posizione lavorativa soppressa  poco atteneva alla sua preparazione professionale di laureato in economia e commercio, assunto per curare il settore “controllo di gestione”;
– i testi  avevano riferito che la sua attività consisteva nella mera raccolta di dati e parametri tecnologici sul processo di fabbricazione della acciaieria, con estrazione di grafici di periodo attraverso l’uso di programmi già predisposti;
 la società aveva affermato  trattarsi di una attività  resa inutile dalla sostituzione  con un supporto informatico e non aveva adempiuto, tuttavia, al proprio onere di dimostrare come ed in quali termini tale supporto informatico avesse reso inutile l’operato del ricorrente.
Avverso la sentenza di appello, la società ha presentato ricorso in Cassazione, il quale è stato rigettato, applicando il principio secondo cui è onere del datore di lavoro provare dettagliatamente in quali termini l’attività del dipendente andrebbe gradualmente a sparire a causa della tecnologia che ha reso, di fatto, inutile l’operato del lavoratore; se tale onere non viene adempiuto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogato è da ritenersi illegittimo.

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/25188-posto-di-lavoro-soppresso-dalla-tecnologia-il-datore-deve-provarlo-.html

Pagamento in contanti degli stipendi: le sanzioni

L’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) ha pubblicato  un parere Prot.  4538 del 22 maggio 2018, in risposta ad un quesito della Guardia di Finanza in merito al nuovo obbligo di pagamento della retribuzione ai dipendenti e dei compensi ai collaboratori  unicamente con modalità tracciabili, posto a carico dei datori di lavoro e committenti dalla legge di bilancio (articolo 1, commi 910-913, della legge 205/2017).

Le modalità previste come obbligatorie a partire dal 1 luglio 2018 sono :

– bonifico sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore;
– strumenti di pagamento elettronico;
– pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
– emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

L’Ispettorato si sofferma  in particolare su quali si siano da considerare le violazioni alla disposizione. cui si applica  la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro da comminare al datore di lavoro/committente.

Viene chiarito che  la violazione si verifica non solo quando il pagamento avviene con modalità diverse da quelle indicate dalla norma;  ma anche nel caso in cui sia stato utilizzato uno dei mezzi di pagamento previsti ma  sia stato successivamente revocato o annullato

In questi casi si ipotizza un tentativo di eluzione  e gli ispettori non potranno  adottare la diffida di cui all’articolo 13 del Dlgs 124/2004,  ma applicheranno la sanzione (articolo 16 della legge 689/1981) con  determinazione della sanzione nella misura ridotta ad un terzo del massimo, ovvero la somma pari a 1.666,67 euro, da versare con codice tributo 741T.

Il ricorso amministrativo  avverso il verbale di contestazione e notificazione secondo l’articolo 16 del Dlgs 124/2004  va inoltrato , entro trenta giorni dalla sua notifica.

Call center: il costo medio del lavoro in un decreto

ll Direttore Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha firmato il Decreto n. 123 del 29.12.2017 per la determinazione del costo del lavoro per il personale dipendente da imprese che svolgono attività di call center.

Il costo del lavoro medio , definito fino al minuto di effettiva prestazione per il personale dipendente da imprese  che svolgono attività di call center,  è stabilito, a valere dal mese di ottobre 2014, nella tabella allegata  che costituisce parte integrante del decreto.

Il decreto precisa che il costo del lavoro nei call center, così determinato  è suscettibile di oscillazioni in relazione:
a) ad eventuali benefici di cui l’impresa usufruisce ai sensi delle disposizioni vigenti;
b) ad oneri derivanti dall’applicazione di eventuali accordi integrativi aziendali (ticket, mensa, premi, indennità, ecc.);
c) ad oneri derivanti da interventi relativi a infrastrutture, attrezzature, macchinari e altre misure connesse all’attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

La firma del Decreto giunge al termine di un confronto  con le Parti sociali di settore che ha reso possibile stabilire il costo del lavoro medio  da prendere a  riferimento  per i futuri affidamenti da parte di amministrazioni ed enti  aggiudicatori di servizi di call center, così come previsto dal Codice dei contratti pubblici e dall’articolo 24-bis del Decreto-legge n. 83 del 2012.

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/24509-call-center-il-costo-medio-del-lavoro-in-un-decreto-.html

Whistleblowing è legge: più tutele per i dipendenti che segnalano illeciti

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge del 30 novembre del 2017 n. 179 contenente disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato (c.d. “Whistleblowing”).

La legge che entra in vigore il 29 dicembre 2017, è composta da tre articoli:

  • l’articolo 1 modifica l’articolo 54-bis del Dlgs 165/2001con l’intento di incoraggiare l’utilizzo di un istituto che, lungi dall’essere percepito come facilmente percorribile, stenta a entrare nella sensibilità del dipendente pubblico
  • l’articolo 2 introduce adeguate forme di tutela anche nel settore privato
  • l’articolo 3 è volto ad armonizzare la novella legislativa con il rapporto tra lavoratore e riservatezza, rimuovendo eventuali ambiguità applicative.

Una significativa modifica approvata dal Senato ha portato alla soppressione, rispetto al testo approvato dalla Camera, del requisito della “buona fede” dell’autore della segnalazione o denuncia, che risultava chiarito nell’articolo 1, all’inizio del comma 2: quest’ultimo definiva, ai fini della nuova disciplina, la buona fede come la ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita si fosse verificata e prevedeva che la buona fede fosse, in ogni caso, esclusa qualora il segnalante avesse agito con colpa grave; il Senato ha opportunamente soppresso la definizione legislativa di “buona fede” e la necessità di tale profilo soggettivo, che avrebbe eccessivamente limitato il ricorso all’istituto.

Al link di seguito indicato il testo di legge: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/12/14/17G00193/SG