Braccialetti e controllo a distanza: il Ministero precisa

Sulla recente polemica per la possibilità del colosso del web Amazon di utilizzare braccialetti che permettono il controllo a distanza delle prestazioni dei lavoratori, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato un comunicato con alcune precisazioni , dopo le recenti affermazioni, riportate dalle agenzie di stampa, secondo le quali il Jobs Act avrebbe autorizzato l’utilizzo di dispositivi per il controllo a distanza dei lavoratori.

Il comunicato stampa chiarisce che : “Il Jobs Act ha adeguato la normativa contenuta nello Statuto dei Lavoratori – risalente al 1970 – alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute. La norma non ha dunque “liberalizzato” i controlli, ma ha fatto chiarezza circa il concetto di “strumenti di controllo a distanza” e i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi dispositivi, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornitonegli ultimi anni”.

La modifica apportata dall’articolo 23 del Decreto Legislativo n.151/2015 all’articolo 4 della Legge n.300/1970 ha, quindi, confermato che questi strumenti , (braccialetti smartphone tablets ecc.) -ndr- possono essere adottati esclusivamente previo accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro o del Ministero.

Da ultimo, il Dicastero precisa come l’attuale assetto normativo voglia tutelare “ancor meglio rispetto al passato la posizione del lavoratore, imponendo che (…) venga data comunque adeguata informazione circa l’esistenza e le modalità d’uso di strumenti di lavoro che possano consentire un controllo a distanza”.

Smart working 

“…filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità ed autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.”

Questa è la definizione data dal Politecnico di Milano circa lo smart working o lavoro agile. Analoga definizione la si ritrova  nel art. 18 della L. n. 81/2017 con cui il legislatore disciplina, sia pure in ritardo rispetto a diverse aziende che lo adottano già da tempo, lo smart working. È importante sottolineare come lo SW non costituisca una nuova tipologia contrattuale, bensì una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. In sostanza, a seguito di accordo fra datore e lavoratore, sì consente a questi di eseguire la prestazione lavorativa in maniera autonoma senza vincoli di orario (sempre nel limite della durata massima) o di luogo di lavoro (nei limiti stabiliti comunque dal datore). Ciò costituisce una novità nella misurazione della prestazione lavorativa, che non sarà più il tempo bensì il risultato, l’obiettivo dando luogo a forme di organizzazione del lavoro in fasi, cicli etc… .

Requisito fondamentale per attivare lo smart working è l’accordo fra datore e lavoratore che, oltre a essere stipulato in forma scritta e trasmesso alla sezione circoscrizionale per l’impiego, deve indicare:

  • la durata se a termine (può essere anche a tempo indeterminato e in tal caso il recesso dall’accordo è disciplinato dalla legge);
  • le modalità di esecuzione della prestazione al di fuori dei locali aziendali;
  • le modalità di esercizio del potere direttivo;
  • i comportamenti che possono dar luogo a sanzioni disciplinari;
  • i tempi di riposo
  • gli strumenti che dovranno essere usati dal lavoratore e modalità con cui tramite gli stessi si esercita il controllo della prestazione da parte del datore.

Quest’ultimo punto si intreccia infatti con i controlli a distanza di cui al nuovo art. 4 dello Statuto dei lavoratori, pertanto il datore è tenuto a predisporre un’apposita policy sui controlli da integrare nell’accordo in modo da rendere consapevole il lavoratore circa il controllo che può scaturire dagli stessi.

Giuseppe D’Asero.