Prestazioni INAIL ai minorenni: chi può riscuoterle

Con la  circolare 34 del 1.9.2017 l‘INAIL fornisce  chiarimenti in merito ai numerosi quesiti concernenti la documentazione che l’Istituto deve acquisire ai fini dell’erogazione delle prestazioni economiche a favore di soggetti minorenni. In particolare,  vengopno elencate le diverser prestazioni economiche e la necessità o meno dell’autorizzazione del giudice tutelare, ai sensi dell’art. 320 c.c., per la riscossione e per il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.

l’indennità per inabilità temporanea assoluta , in quanto  prestazione economia che sostituisce la retribuzione  è corrisposta dall’Inail direttamente al minorenne infortunato o tecnopatico senza che sia necessario l’intervento del genitore esercente la potestà o del tutore né, tantomeno, l’autorizzazione del giudice tutelare cui al richiamato art. 320, comma 4, c.c.

Nella rendita diretta, invece, non viene in considerazione il legame con la retribuzione Ne consegue che i relativi ratei non possono essere riscossi
direttamente dal minore che presti attività lavorativa, né dal minore tutelato in qualità di studente. I ratei , anche arretrati dovranno, pertanto, essere riscossi dal genitore esercente la  potestà sul minore medesimo o dal tutore. l’autorizzazione del giudice tutelare, si ritiene  non necessaria dal momento che si configura come atto di
ordinaria amministrazione

Per quanto riguarda l’indennizzo in capitale del danno biologico, al pari della rendita diretta,  non presenta  legame con la retribuzione, quindi non
può essere direttamente riscosso dal minorenne che presti attività lavorativa o che sia tutelato in qualità di studente. Tale prestazione deve, dunque, essere corrisposta al
genitore esercente la potestà sul minore o, in mancanza, al tutore. Quanto all’autorizzazione del giudice tutelare, si ritiene che essa vada sempre acquisita , trattandosi di anno di straordinaria amministrazione.

Fonti: Inail,  https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/23906-prestazioni-inail-ai-minorenni-chi-puo-riscuoterle-.html

Controllo mail lavoratore: nuova sentenza UE

La Corte  europea  per i diritti umani di Strasburgo ha emesso una nuova sentenza in tema di controllo datoriale sulle mail del lavoratore  che fissa ulteriori paletti nella possibilità dei datori di lavoro di avere accesso agli account e indirizzi mail aziendali dei propri dipendenti.   In quest’ultimo caso la  Grande sezione della corte di giustizia  ha ribaltato addirittura una propria sentenza di primo grado  in cui aveva dato torto al lavoratore giustificando i controlli del datore di lavoro

Il caso riguardava un lavoratore romeno licenziato per aver utilizzato un account aziendale  di  servizio clienti anche per messaggi personali.

I tribunali rumeni avevano dato ragione al datore di lavoro e ugualmente la prima sentenza della Corte europea  dei diritti dell’uomo a cui si era rivolto il lavoratore invocando il diritto alla privacy protetto dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.  La grande sezione della Corte  ha affermato  infatti  che:

1) la privacy del lavoratore  deve  essere  protetta da eventuali abusi da parte del datore di lavoro, soprattutto sotto il profilo dell’informazione preventiva sull’uso dei controlli;
2) il datore di lavoro avrebbe potuto fare uso di modalità meno intrusive per i controlli;
3) che l’accesso ai contenuti della sua corrispondenza  a sua insaputa  non avrebbe potuto essere possibili.

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/23915-controllo-mail-lavoratore-nuova-sentenza-ue-.html

Smart working 

“…filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità ed autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.”

Questa è la definizione data dal Politecnico di Milano circa lo smart working o lavoro agile. Analoga definizione la si ritrova  nel art. 18 della L. n. 81/2017 con cui il legislatore disciplina, sia pure in ritardo rispetto a diverse aziende che lo adottano già da tempo, lo smart working. È importante sottolineare come lo SW non costituisca una nuova tipologia contrattuale, bensì una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. In sostanza, a seguito di accordo fra datore e lavoratore, sì consente a questi di eseguire la prestazione lavorativa in maniera autonoma senza vincoli di orario (sempre nel limite della durata massima) o di luogo di lavoro (nei limiti stabiliti comunque dal datore). Ciò costituisce una novità nella misurazione della prestazione lavorativa, che non sarà più il tempo bensì il risultato, l’obiettivo dando luogo a forme di organizzazione del lavoro in fasi, cicli etc… .

Requisito fondamentale per attivare lo smart working è l’accordo fra datore e lavoratore che, oltre a essere stipulato in forma scritta e trasmesso alla sezione circoscrizionale per l’impiego, deve indicare:

  • la durata se a termine (può essere anche a tempo indeterminato e in tal caso il recesso dall’accordo è disciplinato dalla legge);
  • le modalità di esecuzione della prestazione al di fuori dei locali aziendali;
  • le modalità di esercizio del potere direttivo;
  • i comportamenti che possono dar luogo a sanzioni disciplinari;
  • i tempi di riposo
  • gli strumenti che dovranno essere usati dal lavoratore e modalità con cui tramite gli stessi si esercita il controllo della prestazione da parte del datore.

Quest’ultimo punto si intreccia infatti con i controlli a distanza di cui al nuovo art. 4 dello Statuto dei lavoratori, pertanto il datore è tenuto a predisporre un’apposita policy sui controlli da integrare nell’accordo in modo da rendere consapevole il lavoratore circa il controllo che può scaturire dagli stessi.

Giuseppe D’Asero.

Prestazioni occasionali: versamenti da fare con anticipo

Libretto Famiglia  e Contratto telematico di lavoro occasionale  sono operativi ormai da due mesi . Con un comunicato sul proprio sito l’’Inps  ha precisato  che “l’accreditamento sul ”portafoglio” di libretto famiglia o contratto di prestazione occasionale avverrà  nove/dieci giorni dopo l’effettuazione del pagamento, in considerazione dei tempi stabiliti per il riversamento delle somme da parte degli intermediari (istituti bancari o Poste Italiane SpA) all’Agenzia delle Entrate e il successivo riversamento all’INPS delle stesse”.

Cio significa che i datori di lavoro devono effettuare i versamenti con  congruo anticipo per avere la certezza di avere a disposizione le somme al momento della comunicazione della  prestazione all’INPS.

Va ricordato infatti che,  con i nuovi strumenti che hanno sostituito i vecchi voucher  per il lavoro occasionale,  i passaggi di denaro sono esclusivamente telematici e l’Inps fa da tramite tra datore di lavoro e lavoratore , raccogliendo gli importi dovuti e accreditandoli al lavoratore il mese successivo, per garantire l’utilizzo di lavoro regolare  con retribuzioni garantite,  al costo orario minimo di 10 euro lordi per i privati e 12,50 euro per le aziende .

CIGS: nuovo tetto massimo dal 24 settembre 2017

Il ministero del Lavoro ha emanato lo scorso 28 agosto una circolare di chiarimenti sul tetto massimo di utilizzo della CIGS per crisi e riorganizzazione, in vista dell’entrata in vigore  il prossimo 24 settembre. Il nuovo limite, introdotto dall’articolo 22, comma 4, del Dlgs 148/2015,  fissato all’80% del totale delle ore lavorabili in ogni singola unità produttiva .

La circolare 16 2017 chiarisce che  la nuova regola trova applicazione per i trattamenti di Cigs relativi a sospensioni di attività che si realizzeranno, successivamente ad accordi  con i sindacati ,  a partire dal 24 settembre 2017.
Inoltre vengono fornite le indicazioni pratiche per il  calcolo del tetto massimo di ricorso alla Cigs,  per il quale è necessaario :

  • individuare il numero delle ore lavorabili nell’unità produttiva interessata,  in base al numero dei dipendenti mediamente occupati nel semestre precedente, distinti per orario di lavoro. In questo modo si evitano problemi legati a  variazioni di organico che potrebbero  intervenire nel periodo di cassa integrazione
  • inviare l’istanza di CiGS  all’INPS allegando l’elenco dei lavoratori, cioè la comunicazione del numero dei dipendenti mediamente occupati nel semestre precedente presso l’unità produttiva oggetto dell’intervento, distinti per orario contrattuale. Nell’elenco, dovrà anche trovare posto l’impegno del datore di lavoro di rispettare il nuovo tetto.

L’Inps, sulla base dei dati acquisiti, verificherà a posteriori  il rispetto del limite delle ore di sospensione effettivamente realizzate.

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/23902-cigs-nuovo-tetto-massimo-dal-24-settembre-2017.html

Disciplina buoni pasto e indennità di mensa

Come noto il datore di lavoro può mettere a disposizione dei suoi dipendenti un “ servizio mensa “ o in alternativa riconoscergli una “indennità economica sostitutiva della mensa” per le spese del pasto.

L’indennità sostitutiva di mensa fa parte della retribuzione erogata al dipendente ed è soggetta, per legge, sia alla “contribuzione previdenziale che a quella fiscale”. Tale indennità  è attribuita sia ai lavoratori a tempo pieno e  sia ai lavoratori a tempo parziale.

I buoni pasto (anche detti tickets)  cartacei o elettronici,  danno al loro possessore il diritto di ottenere, dagli esercizi convenzionati con la società di emissione dei buoni stessi, la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo. La disciplina fiscale è riepilogata sotto.

La Legge di Stabilità 2015 ( Legge n.190-2014)  ha previsto  un aumento del limite di esenzione fiscale e previdenziale dei ticket elargiti ai lavoratori dipendenti in formato elettronico . Il limite  è passato infatti da 5,29 a 7 euro per ciascun buono emesso su base giornaliera. Il superamento del limite di esenzione comporta l’assoggettamento in busta paga di ritenute fiscali e contributi per la differenza attribuita.

In questi giorni un Decreto del ministero dello sviluppo economico ha concesso l’utilizzabilità dei buoni pasto elettronici in forma cumulativa (fino a 8 buoni),  anche al di fuori dei giorni lavorativi  . La novità entra in vigore il 9 settembre 2017  ma per alcuni dubbi interpretativi si attende una circolare di chiarimenti.

Le modalità  attualmente    in vigore per la gestione delle indennità per i pasti,  in favore dei lavoratori dipendenti sono le seguenti :

1) concessione di buoni pasto da utilizzare presso ristoranti: per il lavoratore sono esenti da oneri fiscali e previdenziali fino a euro 5,29 ovvero fino a euro 7 per i buoni elettronici ( l’importo del valore nominale del ticket che eccede tale limite costituisce retribuzione imponibile );
2) indennità di mensa : sono  imponibili sotto il profilo contributivo e fiscale ;
3) indennità sostitutive: sono corrisposte agli addetti alle strutture lavorative a carattere temporaneo, come gli addetti ai cantieri edili, o alle unità produttive ubicate in zone dove mancano servizi di ristorazione e sono  esenti fino al limite di 5,29 euro al giorno;
4) erogazione del servizio attraverso apposite mense aziendali : in questo caso non opera il limite di esenzione sia per le mense interne che per i pubblici esercizi  sulla base e nei limiti di importo stabiliti con apposite convenzioni o contratti d’appalto tra datore di lavoro e pubblico esercizio.

NOTA  BENE Le motivazioni che rendono non tassabile come reddito di lavoro dipendente le prestazioni di mensa o le prestazioni sostitutive stanno nel fatto che la somma riconosciuta al lavoratore è concessa dal datore di lavoro nel suo interesse poiché, la mancanza di una mensa o di prestazioni sostitutive, darebbe origine ad una minore produttività del lavoratore, costretto ad allontanarsi dal luogo di lavoro per consumare il pasto.

Come detto, la Legge n. 190/2014, a far data dal 01 luglio 2015,  ha innalzato il limite di esenzione fiscale applicabile ai buoni pasto  lavoratori dipendenti ed assimilati, ma con esclusivo riferimento ai ticket elettronici ovvero a “buoni emessi in  forma elettronica“.

Utilizzo del buono pasto e trattamento fiscale per il lavoratore

I tagliandi devono recare sul retro la precisazione che non possono essere né cedibili, né cumulabili, né commerciabili e né convertibili in denaro;
Secondo la legge “i buoni devono consentire esclusivamente l’espletamento della prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne hanno diritto, ed essere debitamente datati e sottoscritti”. Per fruire della detassazione i buoni pasto devono essere rivolti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi.

In materia di “buono elettronico“   oggi non è possibile per il lavoratore  fare la spesa al supermercato utilizzando contemporaneamente più buoni , forniti dal datore di lavoro e neppure utilizzarli in giorni non lavorativi. L’ampliamento della soglia di defiscalizzazione, giunto nel 2015,  infatti si era accompagnato ad una stretta nell’utilizzo , grazie alla maggiore traccabilità del formato elettronico.  La cumulabilità in realta era sempre stata esclusa anche per i buoni cartacei ma l’assenza di controlli aveva permesso il diffondersi  dell’utilizzo cumulativo presso i supermercati.

Il decreto MISE n. 122 2017  ha ora modificato nuovamente la disciplina introducendo ufficialmente a far data dal 9.9.2017 :

  • la possibilità di cumulo fino a 8 buoni
  • l’utilizzo anche in giorni non lavorativi e
  • la possibilità di utilizzo presso agriturismi.

Il trattamento fiscale e contributivo dei buoni pasto per il datore di lavoro

Per il datore di lavoro i costi dei buoni pasto sono sempre “costi deducibili “ per competenza, in riferimento alla data in cui il dipendente ha usufruito del servizio buono pasto.
In materia di IVA tali costi sono soggetti all’ aliquota del 4%.
Sui servizi sostitutivi di mensa aziendale l’IVA è interamente  detraibile e occorre  ribadire che nelle Mense aziendali per i dipendenti  non opera il limite di euro 7  e  l’aliquota IVA  del 4% (anziché del 10%) è applicabile, oltre che alle mense interne, anche in pubblici esercizi essenzialmente sulla base e nei limiti di importo stabiliti in apposite convenzioni / appalti tra datore di lavoro e pubblico esercizio ( quest’ultimo però deve essere munito di apposita licenza e con spazi e locali destinati a fungere da mensa esterna per le imprese).
Ciò vale anche per i servizi diretti di fornitura dei  pasti su vassoi presso il datore di lavoro  o tramite servizi convenzionati di mensa e distributori automatici in azienda (per evitare il limite di deducibilità di euro 7, tipico del buono pasto, occorre quindi che si configuri un vero servizio di mensa per i dipendenti e assimilati).

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/12860-disciplina-buoni-pasto-e-indennit-di-mensa.html

 

Ravvedimento operoso F24 a saldo zero

La Ris. n. 36/2017 ha fatto il punto sulle sanzioni che i contribuenti devono pagare se presentano in ritardo il modello F24 a saldo zero.

Ecco quindi come mettersi in regola e beneficiare delle sanzioni ridotte previste dal ravvedimento operoso (art. 13 del Dlgs n. 472/1997).

Quando l’errore viene corretto entro 90 giorni: la sanzione prevista dalla legge per l’omessa presentazione del modello in cui si effettua la compensazione, dal primo gennaio del 2016 è in generale di 100 euro.

La sanzione scende a 50 euro, però, se il ritardo non supera cinque giorni lavorativi. Pertanto, poiché in caso di ravvedimento operoso entro 90 giorni dall’omissione la sanzione si riduce di 1/9, in questa ipotesi le somme da versare saranno:

  • 5,56 euro (1/9 di 50 euro), se il modello di pagamento a saldo zero viene presentato con un ritardo non superiore a cinque giorni lavorativi
  • 11,11 euro (1/9 di 100 euro), se il modello F24 viene presentato con un ritardo superiore a cinque giorni lavorativi ma entro novanta giorni dall’omissione

Se l’errore viene corretto dopo 90 giorni: Se il contribuente regolarizza la posizione con il Fisco oltre i 90 giorni dalla scadenza, gli importi previsti dal nuovo ravvedimento sono i seguenti:

  • 12,50 euro (1/8 di 100 euro) se la delega di pagamento a saldo zero viene presentata entro un anno dall’omissione
  • 14,29 euro (1/7 di 100 euro) se il modello F24 a saldo zero viene presentato entro due anni dall’omissione
  • 16,67 euro (1/6 di 100 euro) se l’F24 a saldo zero viene presentato superati i due anni dall’omissione
  • 20 euro (1/5 di 100 euro) se il contribuente si ravvede dopo che la violazione viene constatata con un processo verbale

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/23125-ravvedimento-operoso-per-chi-non-presenta-l-f24-a-saldo-zero-la-risoluzione.html

Quali sono i riposi obbligatori nell’orario di lavoro?

Il decreto legislativo n. 66 2003 , e succ. modifiche, in materia di orario di lavoro e riposi prevede   che :
1.  L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.
2.  I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.
3. La durata  settimanale dell’orario di lavoro viene stabilita dai contratti collettivi di lavoro ma  la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.   La  media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi )  I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di questo periodo fino a sei mesi. Cio’ significa che nella settimana lavorativa si può superare il limite delle 48 ore settimanali, purché vi siano settimane lavorative con meno di 48 ore.

RIPOSO GIORNALIERO

1.  Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.

PAUSE
1.  Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro . In  difetto di disciplina collettiva  al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti, tenendo  conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.

RIPOSI SETTIMANALI

  •  Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero
  •  Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi  particolari.
  •  Nel rispetto della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, non è misurata o predeterminata o possa essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

a)  di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;
b)  di manodopera familiare;
c)  di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
d)  di prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro.
e al personale mobile, cui è riservata una disciplina specifica.

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/domande-e-risposte/11960-quali-sono-i-riposi-obbligatori-nell-orario-di-lavoro-.html

Ferie…

Si comunica che lo studio rimarrà chiuso per ferie dal 8 al 28 agosto.

Buone vacanze. 

Resto al Sud: decreto convertito in legge con bonus maggiorato

Il dl n. 91 217 sugli aiuti al Mezzogiorno è stato convertito in legge con la definitiva approvazione della Camera nella giornata di ieri. La legge di conversione  deve essere ora pubblicata in Gazzetta ufficiale ed entro 30 giorni dalla pubblicazione dovrà essere emesso un decreto ministeriale   con i particolari sulla concessione degli incentivi e sulle modalità di ammissione, a firma del ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno.

Confermata la maggiorazione del Bonus della misura denominata  «Resto al Sud», che prevede contributi per la  imprenditoria giovanile (da 18 a 35 anni)  nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, e altre facilitazioni per i soggetti beneficiari.

Nell’iter di conversione  il finanziamento previsto passa da 40 a 50mila euro per ogni soggetto, di cui un 35% a fondo perduto e 65% come prestito a tasso zero. Ricordiamo che gli incentivi sono riconosciuti ai giovani di età fra i 18 e i 35 anni che siano residenti in una delle suindicate regioni o vi prendano residenza entro sessanta giorni dalla risposta positiva di Invitalia . La novità è il maggior termine di  120 giorni di tempo per il trasferimento per chi risiede all’estero.

Inoltre la conversione prevede che non possano  fruire dei  benefici i soggetti che al momento dell’entrata in vigore del decreto fossero già titolari di un’attività d’impresa e i titolari  di un reddito di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

E’ stato però allargato ai settori della   pesca, dell’acquacoltura e dei servizi turistici il campo  di applicazione  che  prima era riservato  alla manifattura artigianato e industria e relativi servizi.

In sede di conversione è stato  anche previsto  che per i richiedenti costituiti  in forma di società cooperativa, che potranno godere di un finanziamento fino a 200mila euro,   è previsto l’accesso anche agli incentivi a valere sul fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione (articolo 17 della legge 49/1985).

Fonte:  https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/23792-resto-al-sud-decreto-convertito-in-legge-con-bonus-maggiorato.html