Contratto commercio: nuovo welfare per H&M

È stato siglato il 24 settembre il primo accordo integrativo aziendale H&M tra azienda e le organizzazioni sindacali del commercio Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UILTuCS  con migliori condizioni  in tema di welfare e benefit  rispetto al CCNL Confcommercio applicato .

Un buona notizia per  i 5mila lavoratori impiegati in circa 150 punti di vendita sul territorio nazionale in 17 regioni.  A livello nazionale la  multinazionale svedese del “fast fashion” viene da mesi difficili con procedure di licenziamento collettivo e la chiusura di alcuni negozi nel 2017.

L’intesa  prevede innanzitutto un rafforzamento delle relazioni sindacali finalizzato  alla tutela occupazionale, e definisce una serie di misure in tema di organizzazione del lavoro, di conciliazione dei tempi di vita e lavoro e di welfare. Nello specifico:

  •  gestione condivisa a livello decentrato dell’organizzazione di orari e carichi di lavoro, nell’ambito di linee guida nazionali,
  • Buono pasto di 5 euro 
  • condizioni di miglior favore  per garantire il part-time in fase di post maternità (6% invece che 3% del personale e congedo facoltativo non retribuito di 3 mesi);
  • congedo per formazione garantito per  una quota pari al 3% invece che 1 % di lavoratori;
  • 1 giorno in piu di congedo per il lavoratore padre;
  • anticipo TFR indipendentemente dall’anzianità aziendale  per ristrutturazione o acquisto mobili prima casa , acquisto auto o moto, matrimonio o divorzio.
  •  possibilità di aspettativa non retribuita di 6 mesi in casi di violenza di genere.

Jeff Nonato della FIlcams Cgil Nazionale ha espresso grande soddisfazione  cosi come la responsabile HR dell’azienda  per l’intesa  che migliora le condizioni di lavoro   Nei prossimi giorni è prevista la convocazione di assemblee nei punti di vendita per condividere con i lavoratori i termini ed i contenuti dell’intesa siglata.

Fonte: https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/25689-contratto-commercio-nuovo-welfare-per-h-m.html

Definizione agevolata: scadenza 1° ottobre

Con nota del 18 settembre l’Agenzia delle Entrate-Riscossione conferma, per chi ha aderito alla definizione agevolata delle cartelle, la scadenza del 1° ottobre.

Tale scadenza riguarda:

  • la 2° rata della Definizione agevolata prevista dal DL 148/2017 per i debiti affidati alla riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017;
  • la 5° e ultima rata della Definizione agevolata prevista dal DL 193/2016.

Si ricorda che in caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento, la Definizione agevolata non produce alcun effetto e l’Agenzia delle entrate-Riscossione, dovrà riprendere le procedure di riscossione per le somme residue.

E’ possibile effettuare il pagamento tramite banca, ATM abilitati ai servizi di pagamento Cbill, home banking, gli uffici postali, gli sportelli dell’Agenzia etc… .

Pagamento stipendi con mezzi tracciabili: novità dall’Ispettorato del lavoro.

L’ Ispettorato  del lavoro è intervenuto  nuovamente sul tema   con la nota n. 7396-2018 del 10 settembre 2018, mettendo in chiaro che  gli ispettori  potranno a effettuare controlli anche presso gli istituti di credito per ottenere le informazioni sulle modalità di pagamento .

Inoltre  ribadisce che la normativa riguarda la retribuzione ed anticipi di essa,  non altre somme destinate al lavoratore a titolo diverso  (ad  esempio  anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno,  quindi, continuare ad essere corrisposte in contanti. Per  quanto  riguarda  l’indennità  di  trasferta, però  in  considerazione  della  natura  “mista”   sia risarcitoria e che  retributiva delle somme,    essa andrà ricompresa negli obblighi di tracciabilità,  diversamente da quello che avviene  per rimborsi (chiaramente  documentati) se di natura solo restitutoria.

In tema di STRUMENTI DI PAGAMENTO CONSENTITI, l’ispettorato specifica che  si ritengono  tracciabili e quindi accettabili anche:

  • il  pagamento  in  contanti  presso  lo  sportello  bancario  o  postale  attraverso  un  conto corrente ordinario,  e non solo ” di  tesoreria ” con  mandato  di  pagamento,   come inizialmente indicato.
  • lo strumento del vaglia postale , in quanto  rientrante nella categoria degli “assegni consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato”  .

Per i vaglia  è necessario pero che siano rispettate  le  condizioni  e  le modalità  di cui all’art. 49, commi 7 e  8, del  D.Lgs. n. 231/2007:  “gli  assegni  circolari, vaglia  postali  e  cambiari sono  emessi  con  l’indicazione  del  nome  o  della  ragione sociale  del  beneficiario  e  la  clausola  di  non  trasferibilità” e “il  rilascio  di  assegni  circolari,  vaglia  postali  e cambiari, di importo inferiore a 1.000 euro può essere richiesto, per iscritto, dal cliente senza la clausola di non trasferibilità” –  devono essere esplicitati nella causale i dati essenziali dell’operazione  (indicazione  del  datore  di lavoro che effettua il versamento e del lavoratore/ beneficiario, data ed importo dell’operazione ed il mese di riferimento della retribuzione).

Di seguito si ricordano le sanzioni per il mancato rispetto dell’obbligo:

Per i datori di lavoro o i committenti che violano le disposizione sulla corresponsione della retribuzione, viene comminata una sanzione amministrativa pecuniaria  che va da 1.000 euro a 5.000 euro. 
Da sottolineare che  la violazione puo essere rilevata dall’Ispettorato per:
• mancato utilizzo dei mezzi di pagamento previsti
 utilizzo dei mezzi tracciabili  non andato a buon fine, ad es. revoca del bonifico, annullamento dell’assegno mancanza di fondi nel conto addebitato ecc.

L’Ispettorato del Lavoro ha chiarito che essendo una violazione non materialmente sanabile una volta ravvisata , non sarà possibile diffidare il datore di lavoro a provvedere alla regolarizzazione .
Sarà possibile, invece, pagare una somma:

  • ridotta a 1/3 del massimo della sanzione prevista;
  •  o, se più favorevole, pari al doppio del relativo importo;

oltre alle spese del procedimento.
La sanzione dovuta  sarà  €1.667 (5.000/3) da versare tramite il mod. F23 con il codice tributo “741T”, entro 60 giorni dalla  notifica del verbale di accertamento.

Con la nota n. 5828 del 4.7.2018 l’INL ha chiarito che la sanzione:

  1.  prescinde dal numero di  lavoratori interessati quindi è la stessa per il pagamento non tracciabile sia  1 che di  5 lavoratori  ma
  2. è applicata in base al  numero di mesi nei quali la violazione si è verificata.

Per approfondire: https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/13138-pagamento-stipendi-con-mezzi-tracciabili-dal-1-7-2018.html

Straordinari: le regole e la busta paga

Il lavoro straordinario è costituito da tutte le ore di lavoro che superano l’orario normale di lavoro  previsto dal Contratto collettivo di riferimento.

Lo straordinario è richiesto e autorizzato dall’azienda entro un numero di ore massimo stabilito dai Contratti collettivi.
In ogni caso,  per legge la quantità di lavoro totale (compresi gli straordinari) non può superare le 48 ore settimanali medie e non può superare di solito le 250 ore annue, a meno  di particolari esigenze tecnico produt­tive o per cause di forza maggiore.
In generale, se l’azienda rispetta i limiti imposti dalla legge e dal contratto collettivo, il lavoratore full-time non può rifiutarsi di fare lo straordinario.

Per i lavoratori part-time, cioè che svolgono un orario ridotto rispetto al tempo pieno, il lavoro straordinario verrà chiamato ‘supplementare’  e sono previste delle maggiorazioni. Se il lavoratore  a tempo parziale, per esempio, lavora oltre l’orario a tempo pieno le ore fino alle 40 settimanali verranno considerate supplementari quelle ulteriori straordinarie e verranno pagate aggiungendo le maggiorazioni previste.

Per dirigenti e quadri  che non hanno un  orario di lavoro determinabile e pertanto risultano esclusi dalla normativa sul lavoro straordinario, non deve essere corrisposta,  salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione per lavoro straordinario. Tali soggetti possono avere diritto ad un compenso per il maggiore lavoro prestato  solo nell’ipotesi in cui sia stabilito dalla contrattazione collettiva o individuale  ovvero quando la durata della prestazione ecceda i limiti della ragionevolezza in rapporto alla tutela costituzionalmente garantita del diritto alla salute (sent.Cassazione n. 28728/2011).

segue: https://www.fiscoetasse.com/domande-e-risposte/12029-straordinari-le-regole-e-la-busta-paga.html

Le ferie nel lavoro domestico

L’articolo 18 del Contratto Nazionale dei collaboratori domestici  stabilisce  che indipendentemente dalla durata e dalla distribuzione dell’orario di lavoro, per ogni anno di servizio presso lo stesso datore di lavoro, il lavoratore ha diritto ad  un periodo di ferie di 26 giorni lavorativi.

Il periodo è stabilito dal datore di lavoro ma sempre tenendo conto anche delle esigenze del collaboratorefamiliare:
• tra giugno e settembre,
• da frazionarsi in non più di due periodi all’anno.
Il mancato godimento del riposo annuale non può essere sostituito da alcuna indennità in quanto si  tratta di un diritto irrinunciabile e quindi i giorni di ferie non godute possono essere retribuiti solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

Nel contratto d’assunzione, oltre la data di assunzione, la durata del periodo di prova, il livello di inquadramento, l’orario di lavoro e la retribuzione, deve essere specificato anche il periodo in cui godere le ferie annuali e l’ eventuale trasferta al seguito della famiglia.

Per quanto stabilito all’articolo 32 del CCNL di riferimento, può capitare che la collaboratrice domestica a tempo pieno, per esigenze del datore di lavoro, debba seguire la famiglia  o la persona da assistere, nel posto di villeggiatura.

In questo caso  sono  previsti:
• preavviso di quindici giorni,
• permessi settimanali  come negli altri periodi dell’anno
• maggiorazione della retribuzione del 20% a titolo di  disagio per la “trasferta”, oltre al rimborso delle spese di viaggio, fatto salvo il caso in cui il relativo obbligo fosse stato contrattualmente previsto nella lettera di assunzione.

LE FERIE DEL CITTADINO STRANIERO
Per i collaboratori familiari extracomunitari  è ammesso, previo accordo tra le parti, il cumulo di due anni di feriematurate per usufruire di due mesi continuativi di permesso per  tornare al proprio paese di origine,  in modo non definitivo.

per approfondire: https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/13196-le-ferie-nel-lavoro-domestico.html

Contratti a termine: aumenta il contributo NASPI

Il decreto Dignità prevede  in caso di rinnovo di un  contratto di lavoro a tempo determinato, compresi quelli in somministrazione, un aumento dello 0,5%  del contributo istituito dalla Legge Fornero  per finanziare la NASpI, ossia l’indennità mensile di disoccupazione per il sostegno al reddito ai lavoratori dipendenti che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. Il testo modifica infatti  il comma 28 dell’articolo 2 della legge 92/2012 in materia di ammortizzatori sociali.

Il contributo era fissato all’1,4% della retribuzione imponibile e ora viene aumentato dello 0,5% PER CIASCUN RINNOVO. Per i datori di lavoro dunque sullla retribuzione dei lavoratori a termine  viene applicato:

il contributo dell’1,4% in occasione del primo contratto,  che passa all’1,9%    per il  primo rinnovo,  al 2,4%  in caso di secondo rinnovo ,

e cosi via. (Ricordiamo che la durata complessiva del rapporto di lavoro cosi regolato non puo superare i 24 mesi , comprensivi di proroghe -max 4- e rinnovi).

Secondo quanto indicato nella relazione al provvedimento in questo modo si cerca di disincentivare l’utilizzo del contratto a termine, il quale deve rappresentare una tipologia utile esclusivamente ad esigenze limitate e particolari, indirizzando i datori di lavoro verso l’utilizzo di forme contrattuali stabili.
Con un emendamento alla Camera  che è stato inserito nella legge di conversione  sono stati esclusi dall’applicazione dei questa disposizione i datori di lavoro domestico.
E’ stata invece confermata  la norma che prevede il rimborso al datore di lavoro del contributo aggiuntivo in caso di trasformazione del contratto  del lavoratore da tempo determinato  in uno a tempo indeterminato.